Analisi sull’Afghanistan 2^ Parte

Prosegue con questo secondo articolo, l’analisi della situazione afghana, la cui prima parte pubblicata la scorsa setimana, ha riscontrato molto interesse da parte di diversi nostri lettori. A proseguire nell’approfondimento, come nella prima puntata, è il Generale di Brigata Simone Baschiera, oggi in quiescenza, autore di divesi testi a carattere geopolitico. Quale ufficiale  Incursore dei Paracadutisti ha avuto modo di assolvere vari incarichi operativi e di comando dal Libano, alla Somalia, dalla Bosnia all’Albania.

 

di Simone Baschiera

 

Seconda Puntata

L’interesse che il periodico d’ informazione regionale Il Ruspante,news ha dimostrato e continua a dimostrare sull’Afghanistan, è assolutamente pertinente.
Anche i più distaccati osservatori della politica nazionale ed internazionale hanno dovuto constatare che le provincie toscane di Livorno, Siena, Pistoia, Grosseto e Pisa (ma non dimentichiamo la lombarda Bergamo), sono stati i bacini principali di alimentazione nazionale, umani e logistici, della campagna ventennale dell’Italia in Afghanistan.

Tutte queste località citate, con le loro unità Carabinieri e Paracadutisti, hanno costituito il “nocciolo dei pacchetti operativi” che si sono alternati in quel lontano teatro di conflitto antiterrorismo nelle operazioni di peacekeeping e Nation Building; Pisa, con la sua 46° Aerobrigata Trasporti Medi, è stata totalmente impegnata sulle rotte intercontinentali dall’Italia all’Afghanistan e giorno e notte sui cieli afghani a favore nelle nostre truppe operanti da Kabul ad Herat e dalle valli dell’oppio alle montagne afghane.

Sembra qui blasfemo rilevare l’importanza economica di quasi quattromila militari delle unità di terra e aeree di stanza nelle provincie toscane e lombarde, nei turni di missione all’estero per venti anni, accanto al dolorosissimo bilancio delle decine di caduti e feriti.

La guerra in Afghanistan potrebbe apparire una tragica, farsesca riedizione moderna dell’ Iliade omerica. Gli americani, Achei del
nostro tempo, a capo di una coalizione di decine di Stati, hanno guidato una guerra senza termine contro i talebani afghani. Un George Bush Junior, l’Agamennone odierno, colpito in profondità dall’attentato alle Twin Towers, ha portato le sue falangi all’assalto di Kabul, la Troia del XXI secolo.

L’esito della guerra però non è stato lo stesso. Nel 2021 le flotte aeree hanno riportato in Patria, psicologicamente debellate, le unità americane, poiché le Penelopi d’oltreoceano volevano indietro figli e mariti. Kabul, la Troia , resta, ed i Talebani sono riemersi, aggressivi e forti come un tempo.

Biden, un Agamennone minore, con sorpresa degli Alleati, ha abbandonato inopinatamente il campo di battaglia, e la tragica contesa sembra concludersi qui.

Ma altri nemici incombono. I Tartari del nuovo Czar Putin, ed i guerrieri del Celeste Impero di Xi Jinping, si accingono a stringere in un ferreo abbraccio i troiani talebani nel loro tribale Stato.

Le note de Il Ruspante del 15 settembre 2021, si chiudevano con l’appuntamento al 22 di questo mese e non è lecito mancare all’impegno.

L’Afghanistan nel 2001 è stato al centro della lotta al terrorismo, ma nel corso degli anni le operazioni si sono modificate, particolarmente negli anni dal 2011 al 2021 in operazioni di Nation Building.

L’Italia è divenuta parte attiva della questione, decidendo di partecipare alla ricostruzione dello Stato afghano, tanto che dove il governo di Roma ha inviato i suoi migliori soldati e funzionari nel teatro di missione, e nel periodo del “Nation
Building”, ha assunto l’amministrazione di una vasta zona di quel Paese (la Regione di Herat).

Nonostante il grande impegno in quell’area geopolitica asiatica, per la maggior parte degli italiani, l’Afghanistan ancora dopo vent’anni rimane una terra lontana e sconosciuta e credo che molti dei nostri concittadini, non siano a conoscenza dell’interessante storia dei rapporti italo-afgani, iniziati diversi decenni prima dell’anno 2001, data cruciale della lotta al terrorismo fondamentalista islamico.

Andando indietro nel tempo con la Storia, dopo la vittoria dell’Italia nella I^ GM, l’area d’ interesse e d’ influenza del nostro Paese venne ad ampliarsi, uscendo dalla tradizionale sfera euro-mediterranea. A Carlo Sforza, Ministro degli Esteri del governo Giolitti, lo stabilirsi di rapporti diplomatici fra Roma e Kabul nel 1921, sembrò un ulteriore passo nella delineazione di una nuova politica italiana verso i popoli asiatici e di accettazione del diritto di nazioni come Persia ed Afghanistan, di conquistare una piena indipendenza dalla potenze europee.

Amanullah fu la figura centrale nella storia dei rapporti italo-afghani nel periodo tra le due guerre mondiali. Dalle contese tribali del tempo, Amanullah ne uscì come Re dell’Afghanistan e nel 1928 stabilì intense relazioni diplomatiche con l’Italia, tanto che ricevette dal nostro Re, Vittorio Emanuele III, il “Collare dell’Annunziata”, un onorificenza che lo rese cugino del Re d’Italia.​

Spodestato nel 1929 dalla periodiche guerre tribali, il Re Amanullah, si rifugiò in Italia, dove visse fino alla morte nel 1960, usufruendo. ante literam, lui e i suoi familiari, del “reddito di cittadinanza” mensile. Fu così che in quel paese tanto lontano, il governo italiano venne a giocare un ruolo non marginale nelle vicende politiche afghane, proprio a causa della presenza a Roma del Re Amanullah.

Dalla documentazione diplomatica italiana dell’epoca, emerge l’affresco di una società afghana, dominata, allora come oggi, dall’elemento tribale, ostile e refrattario ad ogni tentativo di dominazione straniera o di subordinazione al potere del governo centrale di Kabul, in pratica lo stesso quadro sociale della popolazione afghana che i nostri soldati trovarono nel 2001.