Le atrocità in nome della fame

di Roberto Olivato

Abbiamo ricevuto diverse email in riferimento al nostro editoriale di ieri intitolato “Era fame”. Chi ci ha scritto ha espresso parere negativo circa il contenuto dell’articolo, sottolineando l’atrocità del gesto compiuto dall’extracomunitario. Forse non siamo stati molto chiari in quello che abbiamo cercato di dire. In realtà pur ribadendo l’atrocità del gesto compiuto, che confermiamo, l’intendimento che ci prefiggevamo di far emergere, erano le condizioni di vita a cui sono lasciate queste persone, questi esseri umani. La fame è una brutta bestia, ci sono stati casi di cannibalismo fra i superstiti di un aereo ed alcuni anche fra soldati nella guerra di Russia. Queste efferatezze vennero compiute da uomini su uomini. Il motivo? La fame. Se il soggetto in questione non avesse ucciso quel gatto, che oltretutto sembra non abbia nemmeno fatto in tempo a mangiare, forse sarebbe morto di stenti. A quel punto nessuno si sarebbe preso la briga di capire il perché, ma sarebbe stato uno dei tanti poveri disgraziati invisibili, di cui parlava monsignor Giusti domenica scorsa, nel corso della preghiera dei popoli. Qualche nostro lettore ci ha chiesto perché non sia andato alla Caritas anziché ammazzare un gatto. Ma quell’uomo sapeva cosa era la Caritas? Da quanti giorni non mangiava? Ecco che per sopravvivere, non gli è rimasto altro che ammazzare un gatto randagio, Come sottolineavamo nell’articolo, la colpa di quello che é successo più che imputarla all’ extracomunitario è da ricercare nella nostra politica incapace di accogliere e far integrare questi disgraziati, o almeno evitare che arrivino. Se per accoglienza s’intende prendere chiunque affamandolo, non dobbiamo stupirci se il fai da te, porti anche all’uccisione di un gatto, gesto che ribadiamo, condanniamo fortemente.